Garantire il rispetto dei diritti dei figli sulla casa dei genitori, più precisamente sull’abitazione familiare, è cruciale per preservare il loro benessere e stabilità, salvaguardando così gli interessi dei più giovani.
In Italia, la legislazione riconosce ai figli il diritto di usufruire della casa e di avere un rifugio sicuro fino al raggiungimento della maggiore età e l’indipendenza economica.
Inoltre, in materia di successioni, i figli rientrano tra i legittimari della proprietà dei genitori. Ma cosa accade dopo il raggiungimento dei 18 anni? È possibile per i genitori che non desiderano avere il figlio maggiorenne in casa richiederne l’allontanamento?
Doveri dei genitori nei confronti dei figli
Gli obblighi dei genitori nei confronti dei figli trovano espressione in primo luogo nell’art. 30 della Costituzione:
“È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli, anche se nati fuori dal matrimonio”.
Questo principio è ulteriormente specificato nell’articolo 147 del Codice civile, il quale afferma che il matrimonio impone ad entrambi i coniugi l’obbligo di mantenere, educare ed assistere moralmente i figli, rispettando le loro capacità, inclinazioni naturali e aspirazioni.
Inoltre questa norma si applica pienamente anche alle coppie non coniugate.
In linea generale, relativamente all’abitazione familiare, i figli minori non possono essere allontanati da casa, indipendentemente dal fatto che possano lavorare, poiché i genitori sono responsabili delle loro azioni fino ai 18 anni.
Invece, per i figli maggiorenni, la situazione varia a seconda delle circostanze individuali.
Un figlio che è impegnato nello studio o nella ricerca attiva di un lavoro ha il diritto di abitare nella casa dei genitori. Tuttavia, se un figlio maggiorenne non studia e non cerca lavoro, i genitori hanno la facoltà di chiedere che lasci l’abitazione, questione ribadita di recente dall’ordinanza n. 38366/2021 della Cassazione.
I genitori possono anche, sebbene ciò accada in casi estremi, rivolgersi a un giudice per allontanare dalla casa un figlio maggiorenne che potrebbe mantenersi autonomamente ma non lo fa.
Questo può succedere non solo quando il figlio ha un lavoro che gli permette di essere indipendente, ma anche quando, pur essendo disoccupato, ha la capacità di mantenersi autonomamente, ad esempio dopo aver interrotto gli studi volontariamente.
Per quanto riguarda i figli che lavorano, anche un impiego precario o temporaneo può essere considerato sufficiente per la loro indipendenza economica. Se un figlio perde il lavoro, il suo diritto al sostegno economico dei genitori non si rinnova, indipendentemente dai cambiamenti successivi della sua situazione finanziaria.
Cos’è il diritto di abitazione e quando lo si ha?
Quando si ha necessità di capire per quanto tempo i figli possono abitare nella casa dei genitori per diritto, è possibile chiedersi se sia necessario fare riferimento al diritto di abitazione, un diritto reale di godimento che consente a un individuo di vivere in un’abitazione di proprietà di un’altra persona solo per soddisfare le sue necessità e quelle della propria famiglia.
Come l’usufrutto, anche il diritto di abitazione può essere istituito tramite:
- contratto
- testamento
- usucapione
Secondo quanto specificato dalla giurisprudenza (sentenza del Tribunale di Modena, 01 febbraio 2018), non esiste alcuna disposizione legale che conferisca al figlio maggiorenne il diritto assoluto di abitare nella casa dei genitori, se ciò comporta andare contro la loro volontà in forza del solo legame familiare.
Nell’ambito successorio, la legge, all’articolo 540 c.c., prevede specificamente un caso di diritto di abitazione automatico in favore del coniuge superstite sulla casa destinata a residenza familiare, insieme al diritto d’uso dei mobili che la corredano.
Chi eredita la casa dei genitori?
Alla morte del proprietario di un’abitazione, la successione della proprietà si trasferisce ai suoi eredi. L’identificazione di questi eredi, specialmente nel caso in cui il defunto abbia dei figli, dipende da diversi fattori.
Elementi come l’esistenza di un testamento, la presenza di un coniuge superstite e la potenziale infrangibilità dei diritti di altri eredi legali sono tutti aspetti rilevanti.
Per quanto riguarda i diritti dei figli sulla casa dei genitori dopo la loro morte, è necessario specificare che essi, assieme al coniuge a cui non è stata addebitata la separazione, assumono automaticamente la qualifica di eredi legittimari.
Ciò significa che la legge garantisce loro una quota minima del patrimonio del defunto, non potendo revocare tale disposizione tramite testamento.
Per capire chi eredita la casa dei genitori è necessario distinguere le situazioni in cui vi è un testamento e le situazioni in cui il defunto non ha individuato il testamento.
In presenza di testamento
In presenza di questo documento, vi sono diverse possibilità relative alla casa familiare. In particolare, la legge offre al testatore diverse opzioni, come ad esempio:
- la possibilità di designare un “legatario” per un bene specifico ovvero una persona che, pur non essendo erede, diventa destinatario di un bene
- la facoltà di assegnare la casa ad un solo erede specifico, senza però poter negare le quote di legittima definite per i legittimari (i figli e il coniuge)
- la possibilità di non specificare il destinatario della casa, eventualità che porta alla formazione di una comunione ereditaria tra tutti gli eredi. Tale comunione persiste fino a quando gli eredi, come anche i legittimari, non decidono di dividere la casa dei genitori ottenuta in comunione o fino a quando il tribunale non procede alla divisione coattiva o alla vendita dell’immobile con divisione del ricavato tra gli eredi.
Le quote dei legittimari del defunto (figli e coniuge) dipendono dalla composizione familiare e, in particolare, in presenza di:
- coniuge e un figlio, un terzo del patrimonio va al coniuge e l’altro terzo al figlio, mentre la parte residua può essere distribuita a discrezione del testatore
- coniuge e più figli, un terzo della casa va al coniuge mentre i restanti due terzi vanno ai figli
- più figli senza coniuge, al primo figlio va un quarto della casa, mentre agli altri figli vanno gli altri due quarti. Il residuo quarto rappresenta la quota disponibile del patrimonio, assegnata a chiunque il testatore preferisca.
Senza testamento
Senza la presenza di un testamento, invece, la legge stabilisce automaticamente la divisione della proprietà, considerando le quote indicate dalla legge. In tutte le situazioni, al coniuge superstite è garantito il diritto di abitazione a vita naturale, il che significa che può continuare a vivere nella casa trattenendo anche l’arredamento correlato.
Quando un genitore può mandare via di casa il figlio?
Se il figlio decide di abitare nella casa dei genitori senza titolo (che sia diritto di abitazione, comodato, locazione o usufrutto o altro) è possibile procedere con l’azione di rilascio dell’immobile, ovvero un procedimento legale che permette di chiedere al figlio di lasciare l’abitazione.
Secondo la giurisprudenza i figli maggiorenni non hanno un diritto assoluto di abitare nella casa di proprietà dei genitori, in contrasto con la volontà di questi ultimi e sulla base del solo legame familiare.
In questo caso, tuttavia, è necessario però che i genitori concedano al figlio un periodo di tempo adeguato per trovare un’altra sistemazione, nel rispetto del principio di buona fede.
La facoltà dei genitori di “cacciare il figlio”, o meglio, di chiedere al figlio di andarsene, non è esclusa neanche se quest’ultimo risulta avere diritto al mantenimento e non completamente autosufficiente.
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